Il 26 Dicembre, nell’oratorio di Castoglio di Rossano, è ripresa la tradizione, interrotta dalla pandemia, del canto della “Pastorella”. Se si chiede ai vecchi cantori cosa sia questo canto risponderanno che è una ninna nanna a Gesù Bambino cantata da una pastorella nel presepio. Qui ovviamente il folclore ha preso il posto della originale tradizione storica della PASTORELA, un canto “pastorale” appositamente dedicato all’adorazione e soprattutto al “bacio” della statua raffigurante il Divin Bambinello, comparso nei territori Cechi nella metà del 600 e poi diffusa prima in Baviera ed Austria e da li in molte parti d’Europa, attraverso le vie principali, frequentate non solo da eserciti e commercianti, ma anche da pellegrini e religiosi. Nella vallata di Rossano è eseguito con due cori contrapposti (donne e uomini) che si alternavano un numero variabile di strofe: le donne salivano sulla cantoria, la loggia posta all’ingresso della chiesa, gli uomini negli scranni della corale posti dietro l’altare Maggiore. Le date erano quelle della nascita il 24 notte e del 25 Dicembre, poi si eseguiva nella ex comparrocchiale di San Giovanni il 26, da li poi in tutte le occasioni che il rito suggeriva fino all’epifania.
Sebbene da qualche decennio si utilizzasse una statua moderna in gesso, raffigurante il “classico” Bambinello con le braccia aperte, sveglio e sorridente, accomodato nella mangiatoia, già da tempo era stato riscoperta un’antica statua rappresentante Gesù “dormiente”, con il viso appoggiato ad un comodo cuscino, su di un giaciglio dorato, opera in corso di studio ed antecedente alla metà dell’ottocento. L’iconografia si discosta dai canoni moderni del nostro presepio e rientra in una vera e propria opera nata appositamente alla devozione e non ad essere posto nella natività, nel giaciglio dovrebbe nascondersi la croce e il teschio, simboli della passione (qui non sono presenti, forse per motivi stilistici), il bimbo dormiente raffigura la morte per la remissione dei nostri peccati. Se si cerca in rete si troveranno nei cataloghi molti dipinti e pale d’altare eseguiti con lo stesso criterio, così come altre iconografie riguardanti Gesù Bambino che ritroviamo anche nelle statue vestite delle nostre valli, con la mano benedicente o il “globo” in mano.
A memoria non è dato da sapere se vi fossero altre statue dedicate al “Fantolin”, come viene chiamato nella vallata, in quanto non erano ritenute opere di rilevanza tale da essere annotate nei registri parrocchiali. Anche se ci fossero state informazioni su questa statua l’archivio parrocchiale venne distrutto nel secondo conflitto mondiale e le poche memorie sopravvissute, poi raccolte in un testo di Don Giovanni Sperindè, sono attualmente introvabili, forse perse nei vari spostamenti tra la canonica e la chiesa. Anche questa statuetta sarebbe andata persa se non fosse stato per chi, anni fa, capendone l’importanza storica e devozionale ne ha avviato il restauro (Cinzia Angiolini, restauratrice laureata all’accademia di Belle Arti di Carrara)
ANDREA VARESI LISERIO (dir.re STORIA DELLE VALLI DI ZERI)