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Via Marchesana

La via Marchesana è un itinerario ricco di storia e cultura

Via Marchesana Lunigiana

Nel corso dei secoli sono vari i percorsi che passando per la Lunigiana hanno collegato il Nord del nostro paese con il Centro-sud consentendo di volta in volta ad eserciti, mercanti, pellegrini o semplici viandanti di muoversi su lunghe distanze.

Negli ultimi decenni alcuni di questi, caduti da secoli nell’oblio a seguito dei cambiamenti che hanno poi portato agli attuali percorsi automobilistici, sono stati riscoperti. Primo fra tutti la via Francigena e poi uno degli ultimi in ordine di tempo può essere considerata la Via Marchesana.

Una via che dalla Lunigiana consente di raggiungere l’Oltrepò Pavese attraverso le valli dell’Appennino: è la riproposizione di quella “via dei monti”, ricordata nelle fonti documentarie, che nel XII secolo il marchese Obizzo Malaspina fece percorrere all’imperatore Federico Barbarossa quando il Comune di Pontremoli chiuse le porte del borgo impedendogli di transitare lungo la via Francigena, la strada attrezzata della Cisa.

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Una “strada” la Marchesana che i Malaspina conoscevano bene, visto che si snodava lungo i territori da loro controllati permettendo così di evitare zone che potevano osteggiarne il cammino, come accaduto all’imperatore a Pontremoli. Era da loro utilizzata per raggiungere da Mulazzo i loro possedimenti nelle valli parmensi, piacentine e lombarde. Ed ecco da dove nasce il nome di “Marchesana”: la via dei marchesi.

A riscoprire questo antichissimo itinerario lungo circa 250 chilometri e a proporlo agli amministratori dei territori attraversati (20 Comuni e 6 Province di 4 Regioni) è stato mons. Domenico Ponzini, Valtarese di nascita e piacentino di adozione, sacerdote di profonda cultura storica a lungo responsabile dei Beni culturali della Diocesi di Piacenza. Per Ponzini, grande conoscitore della Lunigiana, quell’itinerario poteva essere ribattezzato la “via Marchesana Francigena”, una variante al percorso del viaggio di Sigerico del X secolo.

In Lunigiana il percorso tocca i Comuni di Aulla, Licciana, Tresana, Mulazzo e Zeri prima di scendere in Val di Vara e arrivare poi nelle valli del Taro, del Ceno, dell’Aveto e giungere nel piacentino da dove raggiunge Voghera.

L’itinerario moderno si propone dunque come un’alternativa alla via Francigena di Sigerico dalla quale si stacca ad Aulla e sulla quale torna a Voghera, non lontano da Pavia, quella città imperiale nella quale il Barbarossa voleva riparare dopo la sua quarta discesa in Italia – tra il 1166 e il 1167- quando aveva scortato a Roma l’antipapa Pasquale III (il cardinale Guido da Crema), ad opporsi al pontefice Alessandro III, costretto alla fuga da Roma. Ma l’epidemia di febbre (probabilmente malarica) scoppiata a Roma nell’estate colpì duramente l’esercito imperiale, provocando la morte di centinaia di soldati e decine di ufficiali; l’imperatore decise allora di rientrare in tutta fretta e riparare a Pavia, una delle due città che con Como gli erano rimaste fedeli nel fermento del sorgere delle leghe comunali antimperiali. Giunto in Lunigiana, poco a nord di Aulla, Federico Barbarossa venne informato che Pontremoli aveva chiuso le porte negandogli il passaggio: la via della Cisa era dunque preclusa. L’alternativa ad un lungo e incerto assedio al comune l’offrì il fedele Obizzo Malaspina che si mise a sua disposizione per accompagnarlo a Pavia lungo l’itinerario dei monti, quello che lui stesso percorreva per raggiungere i possedimenti in val Taro, val Trebbia e oltre.

L’itinerario della “via Marchesana Francigena” proposto oggi è questo:
Si parte da Aulla per raggiungere Terrarossa dove si lascia la sinistra del fiume Magra per volgere ad occidente. Lusuolo è uno dei punti strategici e panoramici che introduce il “cammino” nel territorio che fu di Obizzo Malaspina: Canossa, Castevoli, Gavedo e Mulazzo altri centri attraversati, sempre con l’Appennino e le Apuane a fare da quinta al viaggio. In attesa di raggiungere la valle di Rossano si può salire a Montereggio e alla Madonna del Monte, altre due tra le soste più significative. Nello zerasco oltre a Rossano, Coloretta e Patigno non si può dimenticare Adelano con la presenza dell’eremo francescano e nemmeno i Due Santi: l’antico passo del Faggio Crociato.
Da Zeri la discesa in val di Vara è breve: Sesta Godano offre l’incantevole borgo di Groppo di Rio prima di dirigersi verso l’alta valle del Taro. Non lontano da Albareto i paesi di Monte Groppo e Folta ricordano gli antichi passaggi degli abati di Bobbio diretti a Brugnato.

Si arriva a Tarsogno, poi a Compiano e infine a Bedonia. A Montarsiccio si entra in val Ceno per attraversarla verso la val d’Aveto: S. Stefano era una delle più importanti terre dei Malaspina e da solo merita la partenza. Vico Mezzano e Vico Soprano (il paese più alto della “via”, a 1.100 metri) segnano il percorso verso Cariseto, il borgo sperduto nell’appennino piacentino che conserva ancora i resti del castello dove pernottò il Barbarossa. La successiva discesa conduce a Ponte Organasco dove si attraversa il Trebbia. Nella vicina Montarsolo una quercia millenaria è già meta di numerose escursioni. Superato il confine amministrativo si arriva in Lombardia: prima Santa Maria di Staffora, poi Varzi introducono nella provincia di Pavia; nella zona l’attrazione è il castello di Oramala, dove l’imperatore trascorse un’altra notte, luogo famoso soprattutto per i fantasmi che lo popolerebbero anche oggi. Ponte Nizza e Salice Terme sono le ultime tappe del viaggio: Voghera è all’orizzonte; qui, a 32 anni, nella seconda metà del XIV secolo morì San Rocco.
Itinerario turistico, viaggio di fede, cammino interiore alla ricerca di dimensioni dimenticate, lungo una delle strade dei monti che molto tempo fa erano le uniche possibili e che oggi ritornano ad essere delle straordinarie occasioni a portata di mano.

Testo di Caterina Rapetti.

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